Ogni volta che Mariano Pietrini decideva di scolpire una pietra, si poneva davanti ad essa con profondo rispetto per la sua forma, plasmata nei secoli dall’azione del vento, levigata dall’acqua o trasformata rotolando lungo un pendio. Inizia così quello che lui stesso definisce un “dialogo”, un confronto intrapreso attraverso un linguaggio fantastico, fatto di uno scambio di energie tra Uomo e Materia. Questo dialogo si è manifestato attraverso sudore e fatica, pensiero e vibrazioni, con una sensibilità straordinaria nelle mani che percepivano la ruvidità della pietra e ne seguivano le venature.
Un esempio eloquente di questo dialogo è rappresentato dalla scultura di Pinocchio, posizionata davanti al laboratorio etnografico che apre il percorso museale del Parco Jalari. La pietra ha orecchie appuntite ai lati del viso, che ricordano l’asino, ma il lungo naso sembra cadere verso il basso anziché essere dritto come comunemente raffigurato. Questa particolarità è possibile grazie alla conformazione del tufo, che ha influenzato la superficie della pietra determinandone il risultato finale.
Le prime creazioni di Mariano erano rappresentazioni astratte, collage di foglie e materiali naturali su cartone nero. I toni prevalenti erano macchie di colore, prevalentemente rosso. Successivamente il passaggio dall’astratto al figurativo si manifestò con rappresentazioni di paesaggi marini, alberi al vento e interni con focolari domestici, tutti composti da materiali naturali.
Oltre al dialogo, Pietrini affermò che furono le pietre stesse a chiamarlo, invitandolo a scolpire, come descritto nel suo libro “La Luce”, nel paragrafo “L’Attesa”.
Nel corso del suo ciclo artistico Mariano Pietrini si cimenta con tutte le possibili forme scultoree. Iniziò con un bassorilievo, realizzando maschere come “Eolo” nella fontana “Olimpo degli Dei” nel Parco Museo Jalari. L’altorilievo è evidente in sculture come “L’Onestà”, “Aiace”, “Gli Ignavi”, ecc.
Il tutto tondo è presente, ad esempio, nelle “Muse” del Giardino delle Muse, in “L’Avarice”, nelle pietre rappresentanti i peccati in piazza Aromi e Sapori, nella scultura “La Luce” ( donato a Telethon 2001 e collocato a Fidenza), e in molte altre opere.
Tra le sculture composite ricordiamo “L’Urlo”, “L’Universo Energetico della Bellezza” e “Il Grande Libro di Pietra” (quest’ultimo di quasi 1500 metri quadrati).
Nonostante la molteplicità delle forme scultoree e dei significati rappresentati, Mariano Pietrini diede loro tutte caratteristiche comuni, divenendo simboli distintivi del suo stile. Numerose pietre hanno caratteristiche convergenti verso un fulcro centrale, che rappresentano raggi di luce ai quali Pietrini attribuiva il significato di energia vitale, la forza vitale che l’uomo poteva trarre dalla pietra stessa.
Spesso queste caratteristiche assumevano la forma di onde in movimento, che simboleggiavano la nascita dell’energia vitale con un chiaro riferimento alle onde del mare. Questo elemento era evidente, ad esempio, nelle sculture “Il desiderio del piacere” e “La speranza”.
Notevole l’evoluzione della linea nelle opere di Pietrini: dalle opere giovanili ricche di dettagli e pragmatismo si arriva ad opere sempre più astratte e profondamente legate alla sfera spirituale.
Mariano Pietrini, convinto che “non c’è errore nella presenza dell’amore”, ha abbracciato questo modus operandi che gli ha permesso di scolpire le gigantesche pareti visibili oggi a Jalari, un’opera che riflette il suo straordinario legame con la materia e la ricerca spirituale, dimostrando che possiamo tutti ottengono ciò che desideriamo attraverso l’amore e la dedizione.